La mia generazione e quella di molti di voi ha contribuito a dar vita ad un sistema sanitario nazionale che garantisse a tutti cure ed assistenza gratuite in tempi e con modalità adeguati in rapporto ai diversi bisogni e patologie.
Da svariati anni ormai i costi del servizio sanitario sono lievitati con lo sviluppo di strumenti diagnostici e terapeutici sempre più raffinati e performanti e con la crescita delle patologie croniche, delle disabilità e dell’invecchiamento della popolazione.
A questo trend non ha corrisposto il necessario incremento dei finanziamenti, anzi sono stati praticati tagli in valore reale alle risorse destinate alla salute.
In particolare nella nostra regione si è altresì deciso in nome della libera scelta dei cittadini di dirottare consistenti finanziamenti alla sanità privata convenzionata.
Malversazioni, ruberie, gestioni opache e clientelismo hanno fatto il resto nel depauperare cure ospedaliere, medicina territoriale e prevenzione.
Non mancano certo, nonostante le carenze e le difficoltà, eccellenze, straordinarie professionalità e la pervicace opera dei molti che ogni giorno si spendono in sanità con serietà e coscienza di cui siamo consapevoli e orgogliosi.
Da ultimo la pandemia ha ulteriormente e pesantemente ridotto o bloccato le prestazioni non classificate come urgenti ed allungato a dismisura le già bibliche e famigerate liste d’attesa.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: le strutture pubbliche e private accreditate erogano visite, accertamenti strumentali, terapie ambulatoriali e ricoveri in pochi giorni in regime privatistico o in libera professione e cioè a pagamento, solo dopo molti mesi se a rimborsarli è il servizio sanitario pubblico.
Siamo sempre più costretti a pagare interamente di tasca nostra le prestazioni di cui abbiamo bisogno, alla faccia della libera scelta, ormai ridotta all’opzione tra non curarsi o mettere mano pesantemente al portafoglio, con la conseguenza che si aggravano le odiose disuguaglianze tra chi può permettersi esborsi per garantirsi la salute e chi non può farlo e lievitano le prestazioni inutili pur di fare cassa.
A queste impostazioni disastrose si sommano vuoti di organico sempre più vistosi tra medici, infermieri ed ausiliari che derivano anche da numeri chiusi troppo bassi nell’accesso ai percorsi formativi, numeri dettati da logiche di corto respiro anziché da lungimirante programmazione.
Per i sanitari strutturati nei poli ospedalieri ed assistenziali al danno si aggiunge la beffa in quanto spesso per coprire qualche turno viene fatto ricorso a personale esterno fornito da cooperative dietro compensi assai più elevati di quelli del personale dipendente.
La sanità territoriale fa acqua da tutte le parti: l’efficacia e l’efficienza dei medici di medicina generale sono affidate alla serietà professionale, alla buona volontà ed in taluni casi persino all’abnegazione dei singoli medici e non a ruoli ben definiti e ad una vincolante organizzazione.
Le case di comunità annunciate come la panacea di tutti i mali per una efficace ed appropriata risposta ai bisogni di salute sul territorio e per sgravare i reparti di pronto soccorso, cui si rivolgono coloro sempre più numerosi che non sanno più a che santo votarsi, vengono inaugurate in pompa magna ma per ora si prefigurano identiche ai preesistenti poliambulatori palesemente e largamente insufficienti.
Anche alla nostra associazione vengono affidati spesso timori, incertezze e difficoltà per la salute e l’assistenza, istanze che non vogliamo ignorare.
Convinti sostenitori di un servizio sanitario pubblico ed universale, il solo che possa garantire cura ed assistenza a tutti senza sprechi se ben gestito e ed adeguatamente dotato di risorse, diciamo basta e chiediamo insieme ad altri a gran voce un cambiamento radicale. A questo nostro impegno dedicheremo passione ed iniziative.
Articolo di Mario Spadini, tratto da “Il ponte”, aprile 2023